Koumi

Koumi è un piccolo villaggio situato a Sud-Ovest del Burkina Faso, nella Provincia del Houet, a circa 17 Km a Ovest di Bobo-Dioulasso ed a 375 Km da Ouagadougou. Le sue case  sono costruite in stile Banco  cioè con strati  di terra rossa, piuttosto che mattoni di fango. Dal 1935 ospita il  Seminario per la formazione teologica dei giovani che desiderano abbracciare il Sacerdozio. Questa Istituzione è la prima “Scuola superiore” del Burkina Faso ed è storicamente l’antenata di tutte le strutture di “Studi superiori” fondate dallo Stato e dalla stessa Chiesa.

Dal diario di viaggio di Antonella

Il villaggio di Koumi

Oggi abbiamo visitato il villaggio di Koumi, antichissimo, dove le persone vivono ad uno stadio ancora molto primitivo, in catapecchie circondate e sovrastate da erbacce alte. Molti bimbi hanno il pancione per la malnutrizione, tanti sono ricoperti di malattie e si nutrono (ahimè!) anche di topi (l’anno scorso il gruppo aveva assistito alla scena di un bambino che ne cuoceva uno alla griglia!). Parecchio disturbata da questo racconto, e con la paura di trovarmi di fronte ad una situazione simile, sono arrivata in questo posto con uno stato d’animo parecchio ansioso. Ed invece mi sono trovata a vivere un’esperienza che sognavo da tempo. Siamo arrivati proprio nel bel mezzo di una festa di iniziazione. I ragazzi indossavano solo il coprislip e le ragazze un gonnellino molto corto. Gli uni e le altre erano tirati a lucido con creme e unguenti colorati. Le ragazze avevano infatti i seni nudi ricoperti di una pittura arancione e camminavano fiere di mostrarsi per i vicoli del villaggio. Era il loro modo di presentarsi ai giovani dell’altro sesso, di comunicare le loro simpatie in vista di un futuro matrimonio. E così, mentre i giovani uomini acquisivano il diritto di coltivare i campi, queste giovani donne si impegnavano a portare loro l’acqua (solo l’acqua?). Ci hanno raccontato che il villaggio è suddiviso in tre parti: una prima è dedicata all’accoglienza, la seconda all’animazione e alla musica, la terza al lavoro. Se all’entrata del villaggio gli abitanti accolgono lo straniero o il turista, se nell’ultima si possono vedere persone che battono il ferro, nella parte riservata alla musica ci siamo imbattuti in un gruppo di uomini itineranti che suonavano i tamburi. Affascinata ed estasiata ho suonato con loro e, dopo un “cadeau” di 500 franchi, ho potuto anche fotografarli e riprenderli. Che gioia! Altri due personaggi, seguiti da numerosi  bambini, percorrevano i sentieri scuotendo dei bastoni con sonagli, realizzando così una sorta di danza propiziatoria. Insomma: dopo aver letto libri, visto programmi TV e ascoltato amici raccontare di riti e danze che questo meraviglioso popolo utilizza per sancire gli avvenimenti importanti della sua vita, anch’io ho finalmente assistito, e un pochino anche partecipato, ad uno di questi momenti. Così, al disagio, alla tristezza e al dolore scaturiti dalla visione delle condizioni primitive e disumane di queste persone, si è aggiunta la gioia di questa condivisione.