Il Burkina Faso

Il Burkina Faso (il Paese degli Uomini Integri) è uno Stato dell’Africa subsahariana ed è costituito da un altopiano desertico caratterizzato dal clima tropicale molto secco.

DATI GENERALI Superficie: 274.471 Km²

Abitanti: 18.272.000 Densità: 69 ab/Km²

Clima: Tropicale – arido

Lingua: Francese (ufficiale), dialetti etnici : Dioluà Morè

Religione: Musulmana (61%), Cristiana (23%) Protestanti (7%)

Forma di governo: Repubblica presidenziale

Capitale: Ouagadougou (1.900.000 ab.)

Altre città: Bobo Dioulasso (600.000 ab), Koudougou (55.000 ab)

Gruppi etnici: Mossi (48%), Mande (17%), Fulbe (10%), Tuaregh e altri 25%

Paesi confinanti: Mali (Nord-Ovest), Costa d’Avorio, Ghana, Togo e Benin (Sud), Niger (Est)

Monti principali: Pic de Nakourou (749m)

Fiumi principali: Volta Nero 800 Km (tratto del Burkina Faso, totale 1600 Km)

Moneta: Franco CFA (655 FCA = 1€)

Storia

12 000-5000 a.c.: la regione del Burkina Faso, come tutta l’Africa occidentale, è abitata da popolazioni di cacciatori-raccoglitori; strumenti di pietra di questo periodo sono stati ritrovati a partire dal 1973 .

3600-2600 a.C.: comparsa dei primi insediamenti agricoli XV-X secolo a.C.: si sviluppa l’uso del ferro, della ceramica e della pietra levigata; a questo periodo risalgono anche i primi ritrovamenti che testimoniano riti funebri. Fra i popoli che abitarono il Burkina Faso ci furono sicuramente i Dogon, localizzati nella parte settentrionale della regione, in seguito migrati verso Bandiagara. Altre popolazioni non ancora identificate costruirono alte mura nel sudovest e in Costa d’Avorio.

XV- XVI secolo d.C.: la regione del Burkina Faso è uno dei centri economici più importanti dell’impero Songhai

1896-1898: avviene la colonizzazione da parte dei francesi, che sottomettono il regno Mossi di Ouagadougou.

1904: il protettorato viene annesso all’Africa Occidentale Francese, insieme agli odierni Senegal e Niger.

1914-18: i Burkinabe parteciparono alla Prima guerra mondiale all’interno della fanteria senegalese (tirailleurs sénégalais).

1919: il Burkina Faso diviene una colonia separata col nome di Alto Volta; il primo governatore è François Charles Alexis Édouard Hesling.

5 settembre 1932: la colonia viene smembrata e suddivisa fra Costa d’Avorio, Mali e Niger.

4 settembre 1947: la colonia viene ricostituita con gli stessi confini che aveva in precedenza.

11 dicembre 1958: l’Alto Volta ottiene l’autogoverno, diventando una repubblica membro della Comunità Franco-Africana (La Communauté Franco-Africaine).

5 agosto 1960: il paese ottiene l’indipendenza.

1966: Maurice Yameogo, presidente eletto nel 1959, viene destituito dall’esercito, che prende il potere sotto la guida di Sangoulé Lamizana.

1970: nuova costituzione; istituzione del suffragio universale per l’elezione del presidente della repubblica. 1974: l’esercito riprende il potere.

1977: il potere militare è destituito; adozione di una nuova costituzione.

1978: il generale Lamizana viene eletto presidente della repubblica.

1980: colpo di stato dei militari, il colonnello Saye Zerbo diviene capo di Stato.

1982: rovesciamento del potere, Jean-Baptiste Ouedraogo prende il potere.

1983: Thomas Sankara diventa presidente del Burkina Faso. Nascono i tribunali popolari della Rivoluzione (TPR).

1984: l’Alto Volta cambia nome e diventa “Burkina Faso”, letteralmente “paese degli uomini integri”

15 ottobre 1987: Thomas Sankara viene assassinato.

1987: Blaise Compaoré assume la guida del paese dopo il colpo di stato.

1991: viene adottata una nuova costituzione, Blaise Compaoré diventa presidente del Burkina Faso il quale resterà Presidente fino al 2014.

Ottobre 2014, dopo un’ampia sollevazione popolare contro una modifica costituzionale che gli avrebbe permesso un ulteriore rinnovo del mandato presidenziale, Compaoré si dimette e lascia il posto ad una giunta militare provvisoria presieduta dal colonnello Yacouba Isaac Zida , in vista di nuove elezioni, da tenersi entro novanta giorni.

Il 17 novembre 2014 arriva l’annuncio di un nuovo Presidente civile, Michel Kafando, mentre il colonnello Zida viene incaricato di formare un governo di transizione.

Settembre 2015, a seguito di un nuovo Colpo di Stato, il generale Gilbert Diendéré, che con Compaoré al potere aveva ricoperto l’incarico di Capo di Stato Maggiore, prende il controllo del Paese, facendo arrestare il presidente Michel Kafando (liberato il 18 settembre) e il primo ministro Yacouba Isaac Zida ( liberato il 22 settembre).

Il 23 settembre viene raggiunto un accordo tra i lealisti e i golpisti e Michel Kafando torna al potere in attesa delle elezioni presidenziali previste per il 29 novembre. Queste sono state vinte da Roch Marc Christian Kaboré, con inizio di mandato il 29 dicembre 2015.

Dal 2016 il Nord del Paese è sotto attacco dei Jihadisti che vogliono destabilizzare il Paese. I terroristi intimano la popolazone di abbandonare i loro villaggi e chi non fugge assiste agli attacchi nei mercati, nelle chiese e nelle moschee ed alla uccisione di persone. Gli sfollati ad oggi sono (febbraio 2020) circa 1.000.000.

Tiebelè

Tiébélé
Il villaggio delle case dipinte

Nel sud del Burkina Faso, vicino al confine con il Ghana, si trova un piccolo borgo circolare, poco più grande di un ettaro, chiamato Tiébélé . Questa è la patria del popolo Kassena, uno dei più antichi gruppi etnici che si sono stabiliti nel territorio nel XV secolo.
Tiébélé è noto per la straordinaria architettura tradizionale decorata a mano, tipica dei Gourounsi. L’architettura è pensata per favorire la propria difesa, sia dai nemici che dal caldo torrido. Le case sono costruite con mattoni di fango poggianti su grandi pietre; le pareti sono spesse più di trenta centimetri e senza finestre, ad eccezione di una o due piccole aperture per lasciare entrare un po’ di luce; le porte anteriori sono solo due metri di altezza, sia per mantenere fresco l’interno, sia per rendere difficile l’accesso ai nemici.
Finita la costruzione della casa, la donna dipinge i murales sulle pareti esterne con fango di colore bianco e gesso. Le pareti vengono poi accuratamente ricoperte con pietre ed infine l’intera superficie viene rivestita con una vernice naturale, ricavata dalla bollitura dei baccelli dell’albero di carrube africano.
I motivi decorativi ed i simboli sono geometrici e racchiudono significati simbolici presi dalla vita di tutti i giorni o dalla religione. Le decorazioni vengono fatte a maggio, prima della stagione delle piogge, per proteggere e migliorare la solidità della casa.

Ouagadougou

Ouagadougou è la capitale del Burkina Faso, nonchè la città più importante e popolata dell’intera nazione con 1.181.000 abitanti. Viene chiamata dalla gente del posto semplicemente con l’abbreviativo di Ouaga.
Fondata nell’XI secolo con l’antico nome di Kumbee-Tenga (“Terra dei Guerrieri”) dai Nyonyonsé che, stanchi di subire assalti da popoli vicini, si posero sotto la protezoine dell’Imperatore mossi Zoungrana.
Per diverso tempo fu contesa tra le due comunità dei Ninsi e degli Yonyonse, fino a quando quest’ultimi non presero il sopravvento nel XV secolo, liberando la città dai nemici di sempre sotto la guida del condottiero Wubri.
Alla fine del XIX secolo divenne colonia dei francesi, che cambiarono il suo nome da Wogodogo (“il luogo dove le persone ottengono onore e rispetto”) nell’attuale Ouagadougou.
Nel 1960 divenne la capitale politica ed amministrativa dell’attuale Burkina Faso.
Il clima è particolarmente caldo, con la temperatura che tocca picchi massimi di 40° durante il periodo aprile-maggio, e minimi, sempre piuttosto contenuti, di 19° durante il periodo dicembre-gennaio.
Dal punto di vista amministrativo è divisa in 5 differenti distretti: Baskuy, Bogodogo, Boulmiougou, Nongremasson, Sig-Noghin.
Tra le principali attrattive vanno ricordati il palazzo imperiale di Mogho Naaba, la Cattedrale dell’Immacolata Concezione, la vecchia Moschea ed il Bangr-Weoogo, uno dei tanti parchi presenti in città.
La costruzione più suggestiva, invece, con tutta probabilità è la moderna torre che sorge al centro della Piazza in Memoria degli Eroi nazionali.

La cava di Pissy
La cava di Pissy

Padre Vincenzo
Padre Vincenzo

Bobo-Dioulasso

Bobo-Dioulasso fu fondata nel XV secolo, originariamente con il nome di Sya. Nel 1897 fu occupata dai francesi. Lo sviluppo della città ricevette un notevole impulso dalla costruzione della ferrovia di collegamento fra Abidjan e Ouagadougou.
E’ la seconda più grande città del Burkina Faso (circa 600.000 abitanti). Si trova nella parte sudoccidentale del Paese, nella provincia di Houet, circa 300 km a sud-ovest della capitale Ouaga, sulla strada che porta in Mali, affacciata sul fiume Houët.
Il nome della città significa “patria del popolo Bobo di lingua dioula”; i Bobo sono infatti il gruppo etnico più rappresentato nella regione. Bobo-Dioulasso è comunque una città multietnica e multiculturale, soprattutto per via del suo storico ruolo di crocevia delle rotte commerciali trans-sahariane. In effetti, il suo vero punto di forza risiede nella sua posizione geografica: vicina a Mali e Costa d’Avorio, con cui condivide anche la lingua dioula (un ceppo della lingua bambarà, ampiamente diffusa in Africa centro-occidentale), Bobo è da sempre un crocevia importante e il punto d’incontro di diverse etnie che la rendono una cittadina molto attiva e vivace dal punto di vista culturale. Da tempo, per esempio, Bobo ospita la Settimana Nazionale della Cultura e il Festival Yeleen, due delle più importanti ed più interessanti manifestazioni artistiche di tutta l’Africa francofona.
L’edificio più caratteristico di Bobo è la Grande Mosquée, un vecchio tempio animista riconvertito all’Islam. Costruita nel 1880,  rappresenta uno squisito esempio d’architettura sudanese in fango. Si racconta che qualche anno fa il comune voleva demolirla per costruirne una nuova, ma i bulldozer non riuscirono a scalfire i solidi muri di bancò. L’interno è molto suggestivo, ricorda molto un labirinto ed è caratterizzato da un soffitto basso e da un’estrema semplicità nei dettagli con pareti di fango, molte colonne e nessun tipo di decorazione
I vecchi quartieri di Kibidwé e Sya costituiscono la parte più antica della città: è possibile ammirarvi la prima casa costruita in questa città, attribuita all’epoca di Sundiata (glorioso imperatore mandingo vissuto, a quanto pare, all’epoca di Carlo Magno) e le case tradizionali a due piani (a quello superiore vive la donna con i figli, al piano terreno vive l’uomo).
Il Grand Marché di Bobo è uno dei più belli e particolari dell’Africa occidentale, grazie alle sue dimensioni e alla sua architettura sudanese. All’interno è un vero alveare febbrile, dove si trova di tutto. Imperdibile la macelleria coperta: davvero impressionante!

Bani

Bani è un piccolo villaggio, a predominanza musulmana, famoso per le sue 7 moschee di fango. Si distribuiscono lungo le colline circostanti e gli inconfondibili minareti, trafitti dai numerosi bastoni, sono le uniche costruzioni a innalzarsi verso il cielo per centinaia di chilometri, in cui regna indisturbato l’arido e piatto sahel. Le moschee, decorate in modo davvero originale con incisioni nel fango, sono il miglior esempio di tutto il Burkina Faso. Partendo dalla moschea principale, chiamata Mani di Dio, che si trova al centro del villaggio, si prosegue poi lungo i pendii per raggiungere le altre sei (non tutte in ottimo stato di conservazione): la moschea del sole che tramonta, quella del sacrificio, della buona idea, della gioia, del piacere e del sorgere del sole. Le 7 moschee sono disposte in un ordine ben preciso, che raffigura la posizione di un uomo in preghiera con testa, mani e piedi. Sono tutte simili, soprattutto all’interno. Sabbia in terra, colonne portanti in pietra, volte lungo il soffitto. Spazi ampi per la preghiera, spogli e rigorosamente senza rappresentazioni iconografiche, come vuole l’Islam in cui è proibito raffigurare Dio.

La moschea principale, quella più bella, è realizzata come le altre in terra cruda e decorata con ricami geometrici scavati nel fango. Dal suo tetto la vista è suggestiva. La sua storia è curiosa e strettamente legata alla figura del profeta Mohamed Kafando, che decise di costruirla dopo un sogno rivelatore. Si narra che Mohamed Kafando all’età di sette anni, nonostante non avesse mai letto il corano, iniziò a parlare come un profeta e che nel 1975 raggiunse La Mecca a piedi in soli tre giorni. Molti sono i credenti che giungono a Bani per avere l’onore di ascoltare le sue parole.

Regione Centro – Sud

Al confine con il Ghana troviamo La Regione del Centro-Sud, regione popolata dal gruppo etnico dei Gurunsi. Le sue attrattive principali sono la riserva  naturale di Nazenga ed il villaggio di Tiebele

La riserva di Nazenga – è un’estesa boscaglia, al confine con il Ghana, a duecento chilometri da Ouagadougou che ospita la massima concentrazione di animali di tutta l’Africa occidentale. E’ nata da un progetto dei fratelli canadesi Robert e Clark Lungren per proteggere la fauna locale dall’estinzione. Convinti che la prosperità umana può essere generata attraverso la gestione sostenibile delle sue risorse naturali ingaggiarono manodopera locale  per costruire strade e dighe e personale per preservare la fauna ed introdurre  specie selvatiche autoctone. Dal 1989 la gestione del parco è statale. Nella riserva vi si possono ammirare i maestosi elefanti, coccodrilli, antilopi, scimmie oltre a varie specie di uccelli

Gorom-Gorom

Gorom-Gorom (il suo nome significa, nel linguaggio Songhai, “sedetevi, sediamoci”) si trova nel nord-est del Burkina Faso, circa 290 km a nord-est di Ouagadougou, è una tipica città del Sahel immersa in un mare di dune e spazzata dai venti. È l’ultima città prima del deserto solitario di dune e silenzi sibilanti. A Gorom-Gorom si soggiorna in puro stile sudanese immergendosi completamente nell’atmosfera della vita del Sahel. La popolazione prevalentemente nomade è composta soprattutto da Tuareg (‘gli uomini blu del deserto’), Peul, Maure e Songhaï. Ha un antico quartiere molto pittoresco, un dedalo di case in mattoni banco (fango) e una serie di piccole e graziose moschee merlate dalle sagome gentili . Ogni giovedì si tiene un famosissimo mercato, e  senza dubbio il più grande, colorato e interessante del Burkina Faso, se non dell’intero Sahel. I gruppi etnici del Sahel e del Sahara qui si mescolano armoniosamente: ci sono i pastori tuareg vestiti di indaco, i pastori peul e gli agricoltori songhaï con vesti giallo brillante e turbanti rossi, e le donne peul con boubou (vesti) dai colori vivaci, i capelli intrecciati con perle e gioielli, e gli orecchini rotondi d’oro e d’argento. Gli uomini portano cinture di cuoio ed elaborate spade d’argento. E tutto questo senza contare i bizzarri cibi e oggetti d’artigianato del deserto. Vi si può trovare di tutto: vasellame di terracotta, spezie e granaglie, carne, vestiti, stoffe oltre  i generi alimentari tipici del deserto: i dolci datteri, il lait caillé (latte cagliato). In un angolo a parte, è in vendita anche prezioso bestiame: capre, pecore, muli, bufali ed altro.

Dal diario di viaggio di Franco

L’ho visto muovere verso di noi appena scesi dal pullmino, al mercato di Gorom-Gorom. Aveva una andatura veloce, ma al tempo stesso affaticata, timida, circospetta, che lo portava quasi  strisciare i piedi nudi sulla strada polverosa. Era uno scricciolo con il visino smunto e gli occhi tristi, il corpicino sottile affogato in una camicia di jeans sporca e sdrucita, di almeno 2-3 taglie più grande, che gli arrivava fino alle ginocchia. Tra le braccia, stretta gelosamente al petto, aveva una grossa ciotola metallica, lucida e vuota, che mostrava timidamente, biascicando qualche parola appena udibile e incomprensibile, ma il cui senso era chiaro: “una moneta, un boccone, qualsiasi cosa…”. Avrà avuto 8-9 anni.  Non avevamo cibo con noi in quel momento, né monete, nelle tasche solo biglietti di grosso taglio. Per lunghi minuti rimase perciò in attesa nei paraggi, con viso affranto e occhi supplichevoli. Poi è arrivata Stefania, che aveva appena cambiato moneta nell’Ufficio Postale alle nostre spalle e che, senza parole, gli ha poggiato nella mano destra un soldino da 100 Franchi (15 cent di Euro). Dapprima lui esaminò con occhi sorpresi e attenti la moneta, immediatamente dovette realizzare che poteva bastare, la serrò forte nel pugno e, tra lo stupore divertito di tutti, si diede ad una corsa  precipitosa, come un leprotto inseguito da una torma di cani, ogni tanto girandosi indietro per assicurarsi che nessuno lo inseguisse, fino a che non lo vedemmo sparire alla prima curva, inghiottito dal buio di un locale. Tutti pensammo che avesse portato il soldino al suo sfruttatore, magari orgoglioso del lavoro compiuto. Lo abbiamo trovato ancora – qualche ora più tardi, di ritorno dal mercato – fermo accanto al pulmino. Con il braccio sinistro stringeva sempre, con atteggiamento geloso, la sua ciotola di  metallo al petto, mentre con la mano destra vi attingeva grossi bocconi di una poltiglia che portava alla bocca già piena con gesti avidi e veloci. Allora realizzai che non era circospezione la sua andatura affaticata e incerta, non era timidezza il suo flebile biascicare parole incomprensibili. Era fame. Semplicemente fame. La fame di chissà quanti giorni, che ormai gli toglieva la forza dalle gambe e il fiato dalle parole. L’espressione con la quale l’ho guardato doveva essere davvero stupita e strana, perché mi sono sentito chiamare da un signore seduto su una panchina alle mie spalle, che evidentemente aveva seguito tutta la scena: “Companero, companero, il n’a pas parents!”. E’ stato come ricevere una frustata. Mi sono girato e, mentre un brivido mi scorreva lungo la schiena, gli ho dato quella risposta. La risposta più vigliacca che potessi dare: “Monsieur, nous avons déjà donné de l’argent, je ne peux pas prendre tout le Burkina sur mes époux!” Ciao bambino, ciao piccolo orfano affamato di Gorom-Gorom, che mi guardavi con occhi tristi e con un sorriso appena abbozzato mentre ti salutavo dal vetro del pulmino che ci portava via. Non ti ho chiesto neppure il nome. Potrai mai perdonarmi se, andando via, non ho saputo far altro che darti una banana? Potrò io mai perdonarmi?

Koumi

Koumi è un piccolo villaggio situato a Sud-Ovest del Burkina Faso, nella Provincia del Houet, a circa 17 Km a Ovest di Bobo-Dioulasso ed a 375 Km da Ouagadougou. Le sue case  sono costruite in stile Banco  cioè con strati  di terra rossa, piuttosto che mattoni di fango. Dal 1935 ospita il  Seminario per la formazione teologica dei giovani che desiderano abbracciare il Sacerdozio. Questa Istituzione è la prima “Scuola superiore” del Burkina Faso ed è storicamente l’antenata di tutte le strutture di “Studi superiori” fondate dallo Stato e dalla stessa Chiesa.

Dal diario di viaggio di Antonella

Il villaggio di Koumi

Oggi abbiamo visitato il villaggio di Koumi, antichissimo, dove le persone vivono ad uno stadio ancora molto primitivo, in catapecchie circondate e sovrastate da erbacce alte. Molti bimbi hanno il pancione per la malnutrizione, tanti sono ricoperti di malattie e si nutrono (ahimè!) anche di topi (l’anno scorso il gruppo aveva assistito alla scena di un bambino che ne cuoceva uno alla griglia!). Parecchio disturbata da questo racconto, e con la paura di trovarmi di fronte ad una situazione simile, sono arrivata in questo posto con uno stato d’animo parecchio ansioso. Ed invece mi sono trovata a vivere un’esperienza che sognavo da tempo. Siamo arrivati proprio nel bel mezzo di una festa di iniziazione. I ragazzi indossavano solo il coprislip e le ragazze un gonnellino molto corto. Gli uni e le altre erano tirati a lucido con creme e unguenti colorati. Le ragazze avevano infatti i seni nudi ricoperti di una pittura arancione e camminavano fiere di mostrarsi per i vicoli del villaggio. Era il loro modo di presentarsi ai giovani dell’altro sesso, di comunicare le loro simpatie in vista di un futuro matrimonio. E così, mentre i giovani uomini acquisivano il diritto di coltivare i campi, queste giovani donne si impegnavano a portare loro l’acqua (solo l’acqua?). Ci hanno raccontato che il villaggio è suddiviso in tre parti: una prima è dedicata all’accoglienza, la seconda all’animazione e alla musica, la terza al lavoro. Se all’entrata del villaggio gli abitanti accolgono lo straniero o il turista, se nell’ultima si possono vedere persone che battono il ferro, nella parte riservata alla musica ci siamo imbattuti in un gruppo di uomini itineranti che suonavano i tamburi. Affascinata ed estasiata ho suonato con loro e, dopo un “cadeau” di 500 franchi, ho potuto anche fotografarli e riprenderli. Che gioia! Altri due personaggi, seguiti da numerosi  bambini, percorrevano i sentieri scuotendo dei bastoni con sonagli, realizzando così una sorta di danza propiziatoria. Insomma: dopo aver letto libri, visto programmi TV e ascoltato amici raccontare di riti e danze che questo meraviglioso popolo utilizza per sancire gli avvenimenti importanti della sua vita, anch’io ho finalmente assistito, e un pochino anche partecipato, ad uno di questi momenti. Così, al disagio, alla tristezza e al dolore scaturiti dalla visione delle condizioni primitive e disumane di queste persone, si è aggiunta la gioia di questa condivisione.

Cava di Pissy

 Dal diario di viaggio di Antonella

Pareva di essere in un girone dell’inferno ed invece eravamo alla cava di Pissy, dove intere famiglie di disgraziati trascorrono le loro giornate, o meglio, la loro vita!

Montagne di pietra spaccate grazie al calore sprigionato da copertoni di camion bruciati.

Donne che con caparbietà trasportano sulla testa i grossi lastroni ottenuti e risalgono la cava verso ripari alquanto fatiscenti sotto i quali altre persone (donne, anziani e bambini) li battono con pistoni e cilindri di ferro per frantumarli e trasformarli in ghiaia.

Ma perché, a quale scopo, intere famiglie vivono tra quella polvere irritante, tra quel puzzo insopportabile di gomma bruciata, si sottopongono a sforzi così inumani e ripetono incessantemente questo assurdo rituale? Per 300 franchi, o forse meglio, per un pugno di miglio da mangiare, non altro che il ricavato della vendita di una terrina di ghiaia!

Le giornate sono di 24 ore, levate quelle di sonno ne rimangono 16 o 17. Quelle di oggi… mi sono sembrate un’eternità!

Il lavoro delle donne in cava
Il lavoro delle donne in cava

la quotidianità
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bambini
bambini

il duro lavoro della macinatura delle pitre
il duro lavoro della macinatura delle pietre

il nostro piccolo aiuto
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